Prevlaka - Campo di concentramento

Prevlaka - Croazia
Tipo di campo
Campo di concentramento da marzo 1942 al 30 giugno 1943
Fonte: DPR02 CAP01

 

Storia

Creati il 30 marzo 1942, i campi di concentramento per internati politici di Mamula e Prevlaka (numero 11 e 12) costituivano un “sistema integrato” e avrebbero conservato funzioni complementari sino alla capitolazione italiana del settembre 1943. 

Mamula e Prevlaka andarono riempiendosi nelle fasi più aspre della repressione italiana, quando la guerra ai civili divenne uno strumento della controguerriglia combattuta dal Regio esercito.

Mamula è un’isola che si trova a circa 6 chilometri dalla costa montenegrina, da cui è possibile disegnare il profilo della penisola di Prevlaka su cui era situato l’omonimo campo, costituito da baracche che, a loro volta, guardavano l’imbocco delle Bocche di Cattaro. Sull’isola i civili erano invece internati all’interno di un ex fortezza austroungarica, Forte Mamula, costruita nel diciottesimo secolo per proteggere la baia da eventuali attacchi nemici.

Le due strutture segnavano il confine tra due zone d’occupazione italiana, la Provincia di Cattaro, facente parte del Governatorato della Dalmazia (con Spalato e Zara) e il Governatorato militare del Montenegro, che dalle pendici del monte Orjen, a est delle Bocche di Cattaro, si estendeva sino al Sangiaccato serbo. In sostanza, con i nuovi confini tracciati dopo l’invasione italiana (aprile 1941), il Montenegro storico perdeva gran parte del litorale adriatico: una lingua di terra fondamentale per la povera economia montenegrina.

Nei due campi del Governatorato della Dalmazia si trovavano civili internati dalle zone di Kotor (Cattaro), dell’Erzegovina e dalla Dalmazia, ma anche, in alcuni casi, persone provenienti dal Governatorato del Montenegro. Non si tratta di un dettaglio irrilevante: poteva capitare che una divisione militare del Regio esercito rastrellasse civili in operazioni in cui le competenze seguivano logiche di guerra che ignoravano le linee confinarie, col rischio annesso di finire al centro di contese squisitamente politiche. 

Nel caso di Mamula e Prevlaka, il governatore del Montenegro, Alessandro Pirzio Biroli, non di rado segnalava le reiterate ingerenze a Giuseppe Bastianini, governatore della Dalmazia. Episodi che possono apparire marginali, ma che dicono invece molto degli attriti tra civili e militari, che furono una costante delle occupazioni italiane nei Balcani. Non a caso, a Mamula e Prevlaka la direzione era gestita da piccole unità dell’Emilia e della Messina che agivano con un’indubbia libertà d’azione a cavallo delle zone contese.

Per quanto concerne il numero degli internati, i dati sono rintracciabili nella documentazione militare: a Prevlaka si trovavano 640 internati nel dicembre 1942 (si veda Capogreco, 2006, p. 275), 502 a febbraio 1943, 399 ad aprile dello stesso anno, 507 a maggio 1943 e 593 a giugno; a Mamula si contavano 500 internati nel giugno 1942 e ad ottobre 1942, il numero oscillava tra 493 e 560 persone (si veda Capogreco, 2006, p. 275), per poi toccare, nel giugno 1943, quota 509 internati.

Venendo alla composizione per sesso ed età degli internati, Mamula risulta essere un campo maschile anche se inizialmente ospitava anche donne, a differenza di Prevlaka nel quale erano internati donne e bambini. In entrambe le strutture erano internati anche piccoli nuclei di ebrei oltre a cattolici, ortodossi e un numero rilevante di musulmani provenienti principalmente dall’Erzegovina.

Lo spettro delle categorie degli internati era molto ampio: in entrambi i campi erano internati i civili per i quali era stato deciso l’internamento; gli ostaggi; i civili (compresi anziani e bambini) per i quali fosse ravvisata necessità per misura di sicurezza e di ordine pubblico ed infine gli arrestati per i quali erano in corso degli accertamenti.

Gli interrogatori venivano svolti a Prevlaka, e solo nei casi più delicati le informazioni erano raccolte a Mamula, dove le condizioni erano più dure. 

Mamula funzionava anche come “semplice” luogo di prigionia: le persone erano incarcerate a seguito di un provvedimento di polizia preso dal prefetto o dal questore (quasi sempre quelli di Cattaro, si veda, ad esempio il caso di Milan Ajcevic). 

Durissime erano le condizioni alimentari. A Prevlaka e Mamula le razioni consistevano in 100 grammi di pane, una zuppa contenente 30 grammi di pasta o riso e 30 grammi di formaggio. La mattina veniva servita una tazza di caffè amaro. La sopravvivenza degli internati era garantita da pacchi familiari che dovevano però rispettare limiti stringenti di peso.

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 il campo di Mamula fu smantellato, tuttavia il polo gemello di Prevlaka, seppur per un breve periodo, passò in mano delle autorità tedesche.


[Federico Goddi, 2020]

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