Tivoli - Località di confino

Nella località di confino di Tivoli venivano internati libici e etiopi di alto rango. I confinati etiopi, membri dell’elite deportata dopo l’attentato contro il Viceré Rodolfo Graziani a partire dal marzo 1937, arrivarono a Tivoli dopo la loro suddivisione in piccoli gruppi sull’Isola dell’Asinara. A Tivoli sono stati confinati fra l’altro il Degiasmac  Maconnen Uassorie e la sua famiglia di dodici persone, Ras Ghietacció Abaté e Ras Seyoum Mangesha con la sua famiglia (DTI03. DTI02, TYB1 Anche se collaboratori, il governo del regime non aveva la fiducia di contare sulla piena collaborazione dei Ras, imprigionandoli allora.

Ras Seyoum chiedeva nel 1938 le autorità italiane di far arrivare a Tivoli anche la famiglia di Sara Gebruyesus Beshahwoured Habtewold e i suoi tre figli, dalla Clinica italiana delle malattie tropicali (TYB1).

Secondo la testimonianza di Martha Nassibou, gli internati a Tivoli sono stati strettamente sorvegliati dalla polizia e isolati dal resto della popolazione, con l’assoluto divieto di contatto (NAS1).

Secondo la testimonianza di Oreste Perini, ragazzo ai tempi di allora, la popolazione di Tivoli si affacciava di fronte alla Villa Leonardi per osservare i confinati etiopi da lontano, evitando qualsiasi contatto diretto. Sempre secondo Perini, i confinati etiopi avevano portato con se la servitù e propri preti copti, che celebrarono ogni domenica la messa in lingua amharico nella chiesa di San Francesco. Perini testimonia che i confinati non sarebbero stati sorvegliati da guardie e che il loro personale poteva uscire per fare spese e altri fabbisogni. Sarebbero rimasti fino all’anno 1940 a Tivoli, mentre i confinati libici alloggiati in una delle altre Ville sarebbero rimasti più tempo (TOP1).